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“Scudo contro i sussidi cinesi”


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Gli Stati Uniti stanno pensando a un nuovo modo per colpire la Cina: imporre dazi doganali fino al 3.521 per cento sui pannelli solari importati dal Sud-est asiatico, per compensare le misure adottate dalla gigante cinese a sostegno della produzione di questa industria nei paesi interessati. Le tariffe si applicano alle aziende di Cambogia, Malesia, Thailandia e Vietnam, secondo l’International Trade Administration (Ita), un’agenzia del Dipartimento del Commercio statunitense. Sarà ora compito della International Trade Commission (Itc), un’altra agenzia federale, stabilire entro il 2 giugno se i sussidi ricevuti da queste aziende hanno danneggiato i produttori americani e se dunque applicare o meno le tariffe.

L’accusa di Washington: “Le aziende hanno ricevuto sussidi dal governo cinese”

I dazi proposti variano: dal 34,41 per cento per le celle e i pannelli solari provenienti dalla Malesia al 651,85 per cento per quelli cambogiani. Due aziende in Cambogia, Hounen Solar e Solar Long Pv-Tech, rischiano tariffe del 3.521 per cento, l’equivalente di oltre 35 volte il prezzo dei loro prodotti. Secondo i dati ufficiali, il provvedimento potrebbe riguardare quasi 12 miliardi di dollari di prodotti importati nel 2023. Le nuove tariffe si sommerebbero al 10 per cento imposto dal presidente Donald Trump il 2 aprile sulla maggior parte dei beni in ingresso negli Stati Uniti, oltre che alle cosiddette tariffe “reciproche”, annunciate e poi sospese nell’arco di una settimana. Per il Vietnam, ad esempio, si tratterebbe di un ulteriore 38 per cento. Secondo i dati dell’US Census Bureau, nel 2023 gli Stati Uniti hanno importato pannelli solari per un valore di quasi 12 miliardi di dollari dai quattro Paesi che potrebbero finire nel mirino dei dazi di Trump. 

L’indagine era stata avviata nell’aprile 2024, durante l’amministrazione Biden, e ha concluso che “le aziende di ciascun Paese hanno ricevuto sussidi dal governo cinese”. Secondo l’Ita, è una delle prime volte che il Dipartimento del Commercio riesce a dimostrare l’esistenza di sovvenzioni transnazionali.

Le conclusioni dell’Ita sono state accolte con favore dall’American Alliance for Solar Manufacturing Trade Committee, un gruppo industriale che aveva sollecitato l’indagine. Negli ultimi anni, molte aziende cinesi avevano spostato la produzione nel Sud-est asiatico proprio per eludere i dazi introdotti già durante il primo mandato di Trump. I dazi potrebbero sì favorire i produttori statunitensi, ma rischiano di aumentare i costi per imprese e consumatori che finora hanno approfittato di pannelli solari a prezzi più contenuti.

Le minacce di Pechino: “Ripercussioni su chi asseconda gli Usa”

Nel frattempo, la Cina ha lanciato un monito ai paesi che vogliono adottare la stessa linea commerciale degli Stati Uniti. Nel condannare l’abuso delle tariffe da parte di Washington, il ministero del Commercio cinese ha promesso “contromisure risolute e reciproche” contro chi asseconda la strategia americana.

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La minaccia arriva dopo un’indiscrezione di Bloomberg, secondo cui l’amministrazione Trump sta chiedendo a diversi paesi di ridurre i rapporti commerciali con la Cina, promettendo in cambio esenzioni dalle recenti strette sul commercio. La proposta, che include paesi come Giappone, Indonesia, Corea del Sud e India, ha sollevato presto le critiche di Pechino.

Fmi taglia le stime di crescita di Usa e Cina per lo scontro dei dazi

I dazi, infatti, rischiano di mettere in discussione gli obiettivi di crescita economica fissati dal governo di Pechino. Il Fondo Monetario Internazionale ha tagliato le stime per la superpotenze asiatica “maggiormente colpita” dalle tariffe Usa: la crescita cinese è stata rivista al ribasso al 4,0 per cento sia per il 2025 sia per il 2026 (rispettivamente -0,6 e -0,5 punti), stando a quanto emerge dal World Economic Outlook. Non va meglio nemmeno per l’economia statunitense. Nelle previsioni di riferimento, il Pil statunitense segnerà quest’anno un +1,8 per cento, ovvero 0,9 punti percentuali in meno rispetto alle stime di gennaio, e il prossimo un +1,7 per cento (-0,4 punti).

La bufera si abbatte su tutto il mondo, secondo l’Fmi. La guerra commerciale scatenata dalla Casa Bianca con l’annuncio dei dazi punitivi del “Liberation day” peserà sulla crescita globale per lo 0,5 per cento del Pil nel corso del 2025 e per lo 0,3 per cento nel 2026.



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