Le politiche protezioniste americane possono aprire nuovi spazi di mercato per le imprese italiane in Kazakistan. Con cui gli scambi sono già in crescita da un decennio
Nel suo viaggio nell’Unione Sovietica che andava disgregandosi, Tiziano Terzani arrivò in Kazakistan proprio nei giorni dell’ultimo congresso del partito comunista della più grande repubblica – per estensione – dell’Urss, quello che avrebbe decretato la fine della sua esistenza. Era l’inizio di settembre del 1991, quasi 35 anni fa, e il grande reporter italiano descriveva un Paese che stava prendendo coscienza dei mutamenti storici che stavano avvenendo sotto i loro occhi. In una passeggiata tra i palazzi dall’architettura faraonica dell’allora capitale Almaty con sullo sfondo le imponenti montagne che la separano dalla Cina raccontava – nel suo “Buonanotte, signor Lenin” – dei primi tentativi di apertura al commercio globale e della fame, di parte della popolazione, per la valuta estera, dollari in particolare. Se a distanza di oltre un trentennio questa transizione può dirsi avvenuta, l’ultimo periodo di turbolenza geopolitica – tra l’annuncio e il ripensamento dei dazi americani da parte di Trump – ha fatto sì che il mercato statunitense sia molto meno desiderabile. «Questo apre opportunità economiche importanti per le imprese italiane». Andrea Caso è stato parlamentare alla Camera e con Sergio Vaccaro, senatore nella stessa legislatura, ha fondato una società che si occupa di aiutare le aziende italiane a internazionalizzarsi. Per lui il mercato kazako ha un potenziale da sfruttare nei prossimi anni: «Il territorio della nazione è esteso (circa 9 volte quello italiano ndr) e la popolazione è di 20 milioni di abitanti. Il governo, nella sua opera di ricostruzione, sta incentivando tanti progetti stranieri. Nel contesto nel quale ci troviamo – quello di una guerra commerciale – bisogna intensificare gli scambi tra i due Paesi».
I rapporti istituzionali sono buoni sia con l’Italia che con l’Europa. La scorsa Commissione europea, per mano del vicepresidente Valdis Dombrovskis, ha firmato a maggio del 2023 un memorandum per una partnership strategica su terre rare ed energie rinnovabili. Mentre a marzo il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è stato in visita ad Astana dove ha incontrato il suo omologo, Kassym Jomart Tokayev, venuto l’anno scorso a Roma per stringere accordi bilaterali.
L’export italiano, secondo i dati del Ministero degli Esteri, negli ultimi due anni è tornato ai livelli di prima della pandemia. In costante crescita nell’ultimo decennio – a eccezione della parentesi tra il 2020 e il 2021, segnati dal Covid – le esportazioni valgono stabilmente oltre 1 miliardo di euro all’anno e, nel 2024, sono cresciute del 10 per cento rispetto ai 12 mesi precedenti. «Nell’ultimo decennio c’è stato un vero e proprio boom, come ci dicono anche le analisi della camera di commercio italo-kazaka. Ai miei clienti consiglio di investire lì perché è un mercato in espansione, a differenza di altri stati, come Dubai che ora è satura di investimenti». Ancora Caso spiega poi quali siano i prodotti italiani più apprezzati, anche nell’area centroasiatica: «C’è una grande ricerca di food e beverage italiano. È molto richiesto il vino, ma anche le altre eccellenze come il Parmigiano Reggiano, i vari tipi di salame e l’immancabile pasta». Complessivamente l’export per i beni alimentari vale circa 50 milioni di euro, una cifra che potrebbe crescere esponenzialmente nel prossimo periodo, aiutando così i produttori nostrani a far fronte alle perdite causate dai dazi dell’amministrazione americana.
Ma non c’è solo questo. L’industria manifatturiera del nostro Paese è apprezzata e richiesta. Macchinari e apparecchiature, specialmente nel settore agricolo, sono commerciate per un valore di 420 milioni: «C’è un’area molto fertile vicino a Konaev, nella parte sudorientale del Kazakistan. È una zona allo stato brado, e c’è uno spazio ottimo per l’agricoltura. Si stanno coltivando frutta e ortaggi, e questo crea una richiesta di macchinari a cui noi rispondiamo».
Le imprese italiane sono chiamate in causa anche nel campo dell’edilizia. L’imprenditore racconta di aver seguito negli ultimi mesi un importante progetto affidato a una società italiana per la costruzione di un dormitorio all’università di Farabi, proprio al centro di Almaty. «Si tratta della realizzazione di quasi 2.500 posti letto. E, ovviamente, oltre a quello ci sono sale riunioni, sale studio e palestre. Il design nostrano è particolarmente apprezzato in Asia, è la nostra punta di diamante. A questo progetto se ne è aggiunto un altro che dimostra come sia fondamentale anche la componentistica. Qui arriverà una società che produce pannelli per rendere gli edifici antisismici». In più si potrebbe unire un’azienda che produce pasta per le forniture al dormitorio e all’università, completando un pacchetto di imprese tricolori in uno dei principali centri di studio del Kazakistan.
Un ruolo importante dovranno però giocarlo anche le istituzioni. Per aprirsi ancora di più a questo mercato in forte sviluppo, infatti, bisogna accelerare gli investimenti: «Lo Stato dovrebbe incentivare l’interscambio tra questi due Paesi con le sue controllate come Cassa Depositi e Prestiti e Simest», conclude Caso. Così per una strada che si stringe, con gli Stati Uniti, ce n’è una che si allarga tra i monti Urali. Dove tra qualche anno forse sarà possibile gustare un aperitivo a base del tipico pane non lievitato cotto nel tandoori, il caratteristico forno a campana rovesciata interrato, accompagnato da formaggi e salami italiani. Magari annaffiato da un vino rosso.
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