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Val di Scalve, controesodo cercasi in un presente senza figli


Le nascite diminuiscono di anno in anno, un calo che appare inesorabile. Nel 2024 nei 4 Comuni della Val di Scalve sono nati solamente 18 bambini. Solamente 2 volte nell’arco dello scorso anno la cicogna è planata su Azzone e Schilpario, in 4 occasioni a Colere.

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I restanti 10 neonati appartengono alla comunità di Vilminore, il centro più popolato della valle: è qui, tra queste case, che nel 1949 è nato Lucio Toninelli. La sua famiglia è una delle tante che negli anni Sessanta è emigrata per motivi lavorativi, ma in Val di Scalve il 76enne è tornato ad abitare dopo essere andato in pensione. “Troppo forte il richiamo di casa”, racconta. Negli ultimi anni si è occupato della storia demografica del territorio: l’ultima pubblicazione è un lavoro sulla storia scalvina d’emigrazione.

Il calo demografico pesa come un macigno sul futuro della Val di Scalve. “Di questo passo si rischia un altro Perù”, avverte Toninelli. Nel Paese sudamericano circa il 70% della popolazione vive sulla costa: abbandonati a sé stessi, i territori montani sono diventati praticamente disabitati. Nel 1950 gli scalvini erano 6mila. In 25 anni, nel ’75, sono scesi a 5mila. “La chiusura delle miniere ha portato molte famiglie a trasferirsi negli stabilimenti a bassa quota”, spiega Toninelli.

Secondo gli ultimi dati disponibili sulla piattaforma dell’istituto PoliS di Regione Lombardia, nel 2021 la popolazione è scesa a 4.078 persone. “Ormai i 2/3 della popolazione ha più di 60 anni – aggiunge Toninelli -. Se non riusciamo ad invertire il trend entro il 2085 in valle potrebbero rimanere solo 2mila residenti”.

 

La chiesetta di San Michele in località Valle Sponda a Colere. Foto Fiorenzo Visinoni

 

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Nel dibattito acceso dal progetto di collegamento dei comprensori di Colere e Lizzola, che come si legge sul sito promette di rilanciare il turismo nelle valli creando “un circolo virtuoso per chi vive in montagna tutto l’anno”, il 75enne cerca di offrire uno sguardo critico. “Moltiplicare i turisti non invertirebbe il trend – osserva -. Per la qualità della vita in montagna il turismo è come il burro in cucina: un ingrediente, non può essere la soluzione al calo demografico. Il turista è una presenza fantasma, non porta residenzialità”.

Il ‘modello’ Trentino

Lo spopolamento delle aree marginali è un fenomeno globale. Dal Piemonte all’Abruzzo, ovunque nella penisola fioccano iniziative per contrastare il preoccupante andamento demografico. La Provincia autonoma di Trento ha annunciato a marzo che fornirà contributi a fondo perduto per sostenere le spese di chi acquista o ristruttura immobili nei 33 Comuni ammessi nel nuovo “progetto sperimentale per la rivitalizzazione delle aree geografiche a rischio abbandono”.

Fino a 20mila euro per acquistare e fino a 80mila euro per ristrutturare case in cui trasferirsi stabilmente o da affittare a cittadini che spostano la loro residenza per almeno dieci anni. Un provvedimento sociale per portare nuovi cittadini attivi nei paesi montani. Per sbloccare il finanziamento si attende solo l’approvazione della commissione competente in Consiglio provinciale e sono stati stanziati 10 milioni di euro nell’ultima legge di bilancio.

Anche la Val di Scalve prolifera di case abbandonate e le potenzialità di recupero del patrimonio immobiliare sono enormi. “L’iniziativa trentina è interessante, ma sporadica: è difficile pensare di poterla replicare in Lombardia”, osserva Jonathan Lobati, consigliere regionale e presidente della V Commissione permanente Territorio, infrastrutture e mobilità.

 

Jonathan lobati

Jonathan Lobati

 

Regione Lombardia, che deve confrontarsi con un quadro di risorse limitate, nel 2021 ha dato il via alla Strategia Aree Interne individuando 14 territori caratterizzati da “isolamento geografico, calo demografico e bassi livelli nell’offerta di servizi essenziali”. L’obiettivo è favorirne la rinascita attraverso l’Agenda del Controesodo, una strategia pluriennale (la programmazione attuale termina nel 2027, ndr) che mira a “costruire un sistema in cui tutti i territori abbiano uguali possibilità ed opportunità di sviluppo”.

“Lavoriamo per una defiscalizzazione strutturale che possa offrire gli strumenti per sostenere le spese extra in montagna, come quelle legate alla mobilità e al riscaldamento nei mesi invernali – continua Lobati -. Un tema sfidante è la possibilità di inserire lo smart working vincolante, un benefit di welfare aziendale riconosciuto agli abitanti delle terre rurali”.

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“Casa, lavoro e servizi compongono la triade di fattori che spingono le famiglie a rimanere – aggiunge Michele Schiavi, consigliere regionale e vicepresidente della Commissione -. Al termine della Strategia tireremo una linea e capiremo come agire: un’idea può essere la creazione di incentivi per la ristrutturazione pensati per le giovani coppie. Ma – avverte – non deve diventare un secondo Superbonus: sarebbe solo una parte della soluzione”.

 

Michele Schiavi

Michele Schiavi

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