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No data center, in Italia cresce il movimento contro


Se è vero che la logistica dei dati e delle merci è in questo momento importante per la reindustrializzazione, “un’opportunità che riguarda pochi fortunati territori, come quello del Milanese e più in generale del Nord Ovest”, è altrettanto vero che “reindustrializzare non significa usare suolo a casaccio. Bisogna riqualificare aree e siti dismessi e non occupare aree ad uso agricolo o verdi che devono essere messe a servizio della comunità e valorizzate”, aggiunge Di Simine, citando come esempio virtuoso il progetto che a Segrate riguarda la riqualificazione dell’ex Cesi per il recupero di calore da data center Avalon 3, progetto portato avanti da A2a, in collaborazione con Dba Group e Retelit e che consentirà di alimentare in teleriscaldamento la rete cittadina nel Municipio 6. “Bisogna fare in modo che i data center si facciano promotori di forme alternative di approvvigionamento energetico. In primis vanno alimentati con fonti green a partire dal fotovoltaico e con sistemi di raffreddamento che siano in grado di abbattere l’enorme mole di calore prodotta. E, soprattutto, queste strutture devono creare un ritorno su distretti territoriali e cittadini in termini di abbattimento dei consumi energetici come nel caso del teleriscaldamento”.

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Evitare l’effetto boomerang

C’è il rischio di una escalation? Luca Beltramino, vice presidente dell’Italian data center association, spiega a Wired Italia che “la diffusione di informazioni scorrette o allarmistiche rappresenta un rischio concreto per lo sviluppo dei data center in Italia. Le fake news, soprattutto quando amplificate sui social media o riprese in modo acritico da alcune amministrazioni locali, possono generare un clima di diffidenza infondato, alimentare proteste e rallentare o addirittura bloccare progetti strategici per la digitalizzazione del Paese. Tutto ciò rischia di generare un effetto boomerang: ostacolare investimenti privati, rallentare la transizione digitale, perdere opportunità occupazionali e frenare l’attrattività del sistema Paese. È paradossale che mentre l’Europa punta a rafforzare la propria sovranità digitale, in Italia progetti fondamentali incontrino ostacoli legati alla disinformazione. Per esempio possiamo dimostrare come un buon uso dell’intelligenza artificiale elaborata nei data center possa portare a una gran diminuzione del consumo energetico invece che un aumento”.

Data center, le questioni calde

Le tre associazioni nazionali Anfov, Anci e Uncem hanno deciso di chiamare a raccolta esperti, istituzioni e player di mercato per fare il punto, il prossimo 18 giugno a Roma, sull’evoluzione della strategia nazionale e analizzare le questioni “calde”. “L’Italia ha asset unici – posizione geografica, reti di energia e connettività, stabilità geopolitica – per diventare hub digitale del Mediterraneo ma serve una visione di sistema e azioni concrete da parte di governo, regioni e industria – continua Beltramino –. È essenziale che lo Stato riconosca i data center come infrastrutture strategiche, al pari delle reti di telecomunicazione, dell’energia o dei trasporti. Solo così sarà possibile attivare iter autorizzativi accelerati, tutela contro vincoli urbanistici incoerenti, piani industriali coordinati a livello nazionale”.

E lo sviluppo dei data centernon può prescindere da un rafforzamento della rete elettrica nazionale e una programmazione energetica trasparente e di lungo periodo, che garantisca accesso all’energia in modo: sicuro, prevedibile, sostenibile (con priorità alle fonti rinnovabili), competitivo in termini di prezzo. Servono sinergie tra operatori del settore, Terna, Arera e le regioni per abilitare una rete elettrica intelligente, capace di integrare storage, demand response e connessioni veloci alle aree industriali”.

Last but not least, l’importanza di decentralizzare la capacità di calcolo, portando i data center anche al di fuori della sola area milanese “per incentivare la nascita di poli in regioni del Centro-Sud, sviluppare progetti di edge computing in sinergia con telco e broadcaster promuovere l’infrastrutturazione digitale anche in aree meno industrializzate”, conclude il vice presidente dell’Ida.



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