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Expo di Osaka: il Giappone tenta il rilancio economico, ma non tutti nel Paese sono convinti che funzioni


Nel Paese dove il sole nasce prima, sta per concludersi la settimana inaugurale di Osaka Expo 2025, dove lo spettacolare Grand Roof Ring, disegnato dall’architetto Fujimoto Sou sull’isola artificiale di Yumeshima (Isola dei sogni) al largo della baia di Osaka, ospiterà per sei mesi 160 padiglioni di altrettanti Paesi, territori e organizzazioni del Pianeta. “Progettare la società futura per le nostre vite” è il tema scelto dall’Esposizione Universale giapponese, nelle intenzioni degli organizzatori un invito a realizzare una società sostenibile, che migliori la qualità della vita di tutti.

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Una gigantesca struttura costruita interamente in legno per ospitare i padiglioni, al cui interno si è svolta la cerimonia di apertura – anticipata dalle visite dell’imperatore dell’attuale era Reiwa, Naruhito e consorte Masako – alla presenza del governatore di Osaka, Hirofumi Yoshimura, politici di casa, e autorità provenienti dal resto del mondo. Ebbene, cosa può ancora significare un tale evento – fatto di surplus di costi, displays immersivi tesi a suscitare la meraviglia, ma anche lunghe code, traffico stradale e nelle stazioni, centinaia di App per i cellulari – nella stringente, complicata, e sempre più virtuale attualità? Gli interrogativi sono molteplici e si dibattono tra le diverse posizioni dei partiti di governo e d’opposizione. Anche tra i giapponesi l’atteggiamento nei confronti dell’expo varia da emozione e curiosità, fino a un poco celato disinteresse.

Certo è che il Nihon Soft Power sta puntando tanto sull’Esposizione, tra una sorta di reinvenzione nazionale e cauto ottimismo per una spinta all’economia. Circolano dubbi sulla riuscita dell’evento, sull’utilità diplomatica dell’Expo e sulle aspettative di 28 milioni di visitatori. L’obiettivo verrà raggiunto? Le risposte si avranno a ottobre, tuttavia sul “soffice potere” giapponese c’è poco da discutere: è un dato di fatto che, sia dentro che fuori, il Paese genera un’economia fiorente fatta di miliardi di entrate grazie all’esteso universo manga, anime, video games, ma anche letteratura, cinema, musica, arte, architettura, oggettistica e vario immaginario. E molto probabilmente l’Expo di Osaka spingerà e supporterà ancor più quel fenomeno chiamato a metà Ottocento, Japonisme, e mai veramente conclusosi.

L’Italia, di questa nipponizzazione culturale, è una delle nazioni europee più permeate, perché il JPop è una dimensione che coinvolge più generazioni, dalla fine degli anni Settanta ad oggi. L’interesse per il Giappone viene ampiamente ricambiato sulle isole giapponesi, prova ne sia che il Padiglione Italia (Mario Cucinella architetto) il cui tema è “L’arte rigenera la vita” e la sua mascotte “Italia chan” (Simone Legno designer) è stato e viene pubblicizzato dalle Tv locali e dai media nipponici con numerose interviste e partecipazioni ai talk, fin dall’inizio della sua costruzione, grazie all’allestimento, e i contenuti proposti dal Commissario Generale. La creazione artistica è il nucleo del Padiglione: sull’isola dei sogni è approdato l’“Atlante Farnese”, opere di Caravaggio, e disegni del Codice Atlantico di Leonardo da Vinci. Altra segnalazione di rilievo grazie alla Venice International University e l’Università degli Studi di Padova, è l’installazione/narrazione multimediale di storie lagunari della Serenissima, tese a futuri sostenibili. Nel Padiglione del Vaticano (all’interno del Padiglione Italia) si ospita “Gli echi muti di una grande scultura sonora – Il Campanone di San Pietro” dell’artista americano Bill Fontana, per ascoltare grazie a sensori di ultima generazione e a un sofisticato sistema audio la voce nascosta della campana di San Pietro.

Intanto mercoledì a Washington, una delegazione di politici giapponesi inviata dal primo ministro Ishiba Shigeru, ha trattato con Donald Trump per ottenere l’esenzione dai dazi. L’accoglienza apparentemente entusiasta del presidente che sul social Truth scrive: “Un grande onore aver appena incontrato una delegazione giapponese sul commercio. Grandi progressi!” non trova di fatto sviluppi certi. Akazawa Ryosei, inviato da Ishiba come capo negoziatore sui dazi, ha sì incontrato il presidente alla Casa Bianca, ma discusso per 50 minuti solo sui costi relativi alla presenza dei militari statunitensi in Giappone e sul gap che, secondo Trump, esiste tra la spesa investita dal governo nipponico e quella degli Usa, e che lui chiede venga colmato.

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