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Il Pil cresce a velocità diverse: la provincia resta indietro


L’economia italiana è in ripresa, ma la crescita non è uniforme. Il Pil nazionale, secondo l’ultimo report dell’Ufficio Studi della CGIA di Mestre, raggiungerà nel 2025 quota 2.244 miliardi di euro, pari a circa 6 miliardi di euro al giorno. Su base individuale, ogni italiano produrrà mediamente 104 euro al giorno. Tuttavia, dietro il dato generale si nascondono forti disuguaglianze territoriali: il Nord viaggia più veloce, mentre il Sud e parte del Centro, Lazio compreso, continuano a segnare ritardi evidenti.

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Nel panorama regionale, il Lazio si conferma tra le aree più ricche d’Italia, grazie al contributo decisivo di Roma. La regione si piazza infatti al quinto posto assoluto per Pil pro capite giornaliero, con una media di 121,3 euro, ben sopra la media nazionale. È però il dato della Capitale a fare la differenza: Roma da sola produce un valore di 122 euro per abitante al giorno, collocandosi quarta nella classifica delle province italiane dietro Milano, Bolzano e Bologna.

Appena ci si allontana dal centro romano, il quadro cambia radicalmente. La provincia di Latina registra un valore pro capite di 70,7 euro al giorno, una cifra che la colloca al 75° posto su 107 province italiane. Peggiori ancora sono i dati di Frosinone e Rieti. Il Lazio, dunque, si conferma una regione a due velocità, con Roma che corre e le altre province che arrancano.

Questo divario è frutto di molteplici fattori. Roma concentra gran parte delle attività terziarie avanzate, i servizi di alta gamma, il turismo internazionale e le sedi di grandi aziende. Latina, invece, pur contando su comparti rilevanti come il farmaceutico, l’agroalimentare e parte del manifatturiero, fatica ad agganciare la ripresa strutturale. La provincia pontina sconta da anni problemi legati a una carenza di infrastrutture moderne, a una limitata capacità di attrarre investimenti esteri e a un tessuto produttivo troppo frammentato e poco innovativo.

L’effetto di questo ritardo si è reso ancora più visibile in queste settimane, caratterizzate da numerosi ponti e festività tra aprile e maggio. La CGIA di Mestre stima che a livello nazionale il rallentamento dell’attività produttiva causerà una perdita di circa 12 miliardi di euro di Pil. Una flessione che pesa maggiormente nei territori già fragili, come appunto la provincia di Latina, dove industria e servizi hanno subito un rallentamento difficile da compensare anche con il pur buono andamento del settore turistico.

A pesare, oltre alla contingenza dei ponti, sono cause strutturali profonde. Latina continua a essere penalizzata da una carenza cronica di collegamenti rapidi ed efficienti con Roma e con il resto del Paese, dalla lentezza dei procedimenti amministrativi e da un sistema fiscale e burocratico tra i più gravosi d’Europa. La mancanza di un grande centro di ricerca e innovazione limita ulteriormente le possibilità di crescita competitiva rispetto ad altre aree che invece hanno saputo innovarsi e attrarre investimenti.

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Nonostante alcune eccellenze, come i poli farmaceutici di Aprilia e Latina Scalo o alcune filiere agricole di qualità, la provincia resta troppo dipendente da settori tradizionali. Inoltre, le piccole imprese che costituiscono il cuore dell’economia locale spesso non riescono a integrarsi in reti produttive moderne né a internazionalizzarsi in modo efficace.

Il confronto con il resto d’Italia è impietoso. Province come Milano o Bologna mostrano livelli di produttività molto più elevati grazie a ecosistemi favorevoli all’innovazione, alla presenza di grandi imprese e alla capacità di trattenere giovani talenti. Latina, al contrario, continua a registrare un saldo negativo nei flussi migratori dei giovani laureati, che spesso scelgono di trasferirsi altrove per trovare opportunità di lavoro adeguate.

Se Roma traina il Lazio, il rischio è che il resto della regione resti tagliato fuori dai principali circuiti economici. Una prospettiva preoccupante per una provincia come quella pontina, che ha tutte le potenzialità per crescere ma che necessita di un deciso cambio di passo nelle politiche di sviluppo. Servono investimenti concreti in infrastrutture (basti pensare al nodo mai risolto della Roma-Latina), incentivi all’innovazione nelle imprese, una burocrazia più snella e un sistema di formazione più collegato alle reali esigenze del mercato del lavoro.

Il futuro della provincia di Latina dipenderà dalla capacità di rimettersi in moto su questi fronti, evitando di restare intrappolata in una crescita debole e discontinua. Senza interventi strategici e senza una chiara visione di rilancio, il rischio è quello di perpetuare un divario sempre più ampio con le aree più dinamiche del Paese.

Il Lazio nel suo complesso continuerà a essere tra le regioni più ricche d’Italia solo se saprà ridurre le disuguaglianze interne. Latina, con la sua storia industriale e agricola, merita un rilancio deciso che guardi al futuro. Ma servono azioni coraggiose, non solo parole.



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