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Satelliti e droni, Cossiga (Aiad): “Gli investimenti nella Difesa sono una necessità”


“Trent’anni fa esistevano due mondi: il blocco occidentale, con Usa ed Europa, e chi comprava da Mosca. Poi sono arrivati i cinesi. Oggi c’è un terzo gruppo di Paesi – Corea del Sud, Turchia, persino Portogallo – che producono sistemi magari meno sofisticati, ma subito disponibili. La Polonia, per esempio, ha ordinato artiglieria semovente ai coreani: forse meno raffinata, ma pronta per la consegna. Se la minaccia è oggi, non puoi aspettare tre anni. E i turchi, all’inizio del conflitto ucraino, erano gli unici ad avere droni subito pronti. Questi nuovi attori sanno cosa serve e lo producono in fretta. E stanno prendendo fette di mercato importanti, anche in Europa”.

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Lo spiega Giuseppe Cossiga, presidente di Aiad (la Federazione delle imprese italiane per l’aerospazio, la Difesa e la sicurezza), nonché presidente di Mbda Italia, in una intervista al quotidiano Il Tempo.

Investimenti indispensabili

“In Italia il tema della Difesa resta socialmente delicato. C’è una cultura pacifista radicata – prosegue Cossiga – che viene da due mondi molto diversi ma oggi convergenti: quello cattolico e quello della sinistra storica. Non è una critica, è una constatazione. Ma se non maturiamo la consapevolezza di ciò che sta accadendo, se la politica non trova il coraggio di raccontare la realtà e spiegare la necessità degli investimenti in Difesa, allora saranno i fatti a travolgerci. E se lo si capisce troppo tardi, il conto da pagare è sempre molto salato”.

Esercito europeo

Nelle scorse settimane sempre Cossiga ha scritto un editoriale pubblicato sul quotidiano La Sicilia e ripreso dall’Agenzia Italpress sul cosiddetto “Esercito europeo”, l’ipotetica struttura militare comune della Ue.

“Non servono solo finanziamenti – almeno 400 miliardi all’anno a livello europeo, di cui 50 miliardi per l’Italia – ma anche tempo, tra i tre e i cinque anni” ha spiegato Cossiga. “Si tende spesso a confondere i concetti di ‘esercito europeo’ e ‘difesa europea’”.

Indirizzo politico comune

“Se per esercito intendiamo lo strumento di cui uno Stato si dota per proteggere i propri cittadini, questa soluzione in Europa, per ora, non è percorribile – ha continuato il presidente di Aiad -. Per avere un esercito comune sarebbe necessario non solo impiegare le stesse armi e unificare il comando, ma anche condividere un indirizzo politico comune”.

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Difesa europea

“Tuttavia – ha sottolineato Cossiga -, l’Ue non è ancora un soggetto politico vero e proprio, quindi un simile traguardo appare lontano. Diverso è il discorso della difesa europea. Essendo parte di un’Unione, possiamo operare in modo più efficiente per garantire la sicurezza ai nostri cittadini. Collaborando, possiamo essere meglio preparati e ottimizzare la spesa. Finora sono stati fatti diversi tentativi, ma l’Europa non dispone di risorse proprie, poiché dipende dai finanziamenti degli Stati membri. Una svolta si potrebbe avere solo nel momento in cui l’Unione iniziasse a contrarre debito per creare strumenti di finanziamento destinati alla difesa”.

Puntare sui satelliti

“Se un carro armato ha un costo X, svilupparne dieci modelli differenti significa decuplicare la spesa – ha aggiunto -. Le aziende del settore sono pronte a un cambio di passo, ma il divario tecnologico con gli Stati Uniti non si colma in un anno. L’Europa non dispone di un’infrastruttura come Starlink, ha una flotta di rifornimento aereo inferiore rispetto a quella americana e non ha sufficienti aerei radar. Anche raddoppiando immediatamente gli investimenti, servirebbe comunque tempo per produrre le risorse necessarie”.



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