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Colpa grave del sovraindebitato da valutare nel suo sviluppo dinamico


L’assenza di colpa grave nella determinazione del sovraindebitamento rappresenta un elemento costitutivo negativo, indefettibile ai fini dell’apertura della procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore ex art. 70 del DLgs. 14/2019.
Oltre al ricorrere del presupposto soggettivo (debitore-consumatore) e del presupposto oggettivo (lo stato di sovraindebitamento), è necessario, infatti, che si escluda, preliminarmente, il ricorrere delle condizioni soggettive ostative di cui all’art. 69 comma 1 del DLgs. 14/2019. In tal senso, è imprescindibile la verifica che il debitore non abbia beneficiato dell’esdebitazione nei cinque anni antecedenti la domanda e non ne abbia beneficiato per già due volte e che, inoltre, si escluda una sua colpa grave, malafede o frode.

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Si tratta di una valutazione di “meritevolezza” del debitore che esula dal comportamento da questi tenuto in occasione della contrazione della singola obbligazione (Trib. Spoleto 23 novembre 2023) e che, invece, deve leggersi nel suo sviluppo dinamico, tenendo conto dei molteplici fattori che hanno contribuito all’ingresso del consumatore nella condizione di sovraindebitamento (Trib. Terni 15 novembre 2024). In altri termini, tale condizione non può limitarsi a una mera fotografia dell’indebitamento, cristallizzato in un particolare momento.

La colpa grave ricorre ogni qualvolta l’indebitamento complessivo risulti sproporzionato rispetto ai flussi reddituali del debitore e/o sia determinato da consumi irrazionali e spese voluttuarie; non è necessario che ricorra anche un intento fraudolento ovvero che vi sia una preordinata malafede.
In tal senso si è espresso il Tribunale di Terni con la sentenza n. 40 del 23 dicembre 2024.

Il discrimine tra colpa lieve e colpa grave dev’essere indagato, dunque, avendo come riferimento la consapevolezza del debitore, al momento dell’assunzione dell’obbligazione, di potervi ragionevolmente adempiere (Trib. Nola 25 marzo 2025 e Trib. Livorno 7 ottobre 2024) considerando, tuttavia, anche fattori ulteriori rispetto al dato quantitativo della sproporzione tra il reddito disponibile e gli impegni di spesa. Ciò comporta la necessità di considerare anche le circostanze specifiche che ricorrono: la contrazione di nuovo debito per far fronte a esposizioni debitorie precedenti destinate a sfociare in un’esecuzione forzata; il mutamento delle sue condizioni familiari e reddituali; le specifiche e “meritevoli” esigenze che hanno determinato il ricorso al credito (es. mutamento dello stato di salute).

In altri termini, occorre indagare la specifica condizione “umana” del debitore e il ricorrere di eventuali attenuanti di colpa: l’esigenza di cure mediche, la perdita improvvisa del lavoro (App. Firenze 8 novembre 2023), l’essere vittima di una c.d. truffa sentimentale (Trib. Livorno 7 ottobre 2024), uno stato patologico di ludopatia (Trib. Avellino 3 dicembre 2024, Trib. Catania 6 giugno 2024, Trib. S.M. Capua Vetere 20 luglio 2023, Trib. Modena 12 settembre 2023 e Trib. Torino 26 luglio 2023) ovvero uno stato di debolezza e di sudditanza psicologica (Trib. Torino 27 febbraio 2024).

Meno pervasiva sembrerebbe, di contro, la verifica della frode e della malafede del debitore: nel primo caso, oltre il pregiudizio dell’atto in sé è necessario che ricorra la volontà dell’inganno o dell’artificio; la malafede si concreta, invece, nella piena consapevolezza del debitore, al momento dell’assunzione delle obbligazioni, di non potervi adempiere.

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A tal fine, occorre tener conto anche della capacità del consumatore di comprendere la sproporzione tra il debito contratto e le proprie disponibilità economiche. Si tratta di una percezione di sostenibilità del debito (Trib. Livorno 7 ottobre 2024) che inevitabilmente risente anche della qualifica professionale e dell’attività svolta dal debitore, tali da incidere sulla sua capacità di ponderare adeguatamente la gestione dei propri affari.
A ogni modo, spetta al debitore provare l’assenza di colpa, sebbene tale requisito possa essere rilevato anche d’ufficio, in qualsiasi stato e grado della procedura, posto che al giudice è riservata la verifica dell’ammissibilità e della fattibilità del piano (art. 70 comma 7 del DLgs. 14/2019).

La pronuncia affronta anche il tema della durata del piano, ribadendo che nulla osta che questi possa prevedere una dilazione significativa dei pagamenti, anche superiore ai cinque o sette anni, posto che la maggiore durata potrebbe meglio tutelare gli interessi dei creditori (Cass. n. 27544/2019) a cui, in ultimo, è riservata la valutazione di convenienza (Cass. n. 17391/2020).
Sebbene questi, infatti, non si esprimano mediante il voto della proposta, potranno comunque contestarne la convenienza opponendosi all’omologa, anche per ragioni afferenti alla sola durata del piano.
Pertanto, non è da ritenersi ostativa all’omologa la previsione di una durata decennale del piano (Trib. Terni 15 novembre 2024) o anche di una durata superiore (Trib. Nola 19 febbraio 2025), ove questa non sia oggetto di osservazioni specifiche, la cui mancanza preclude ogni eventuale vaglio giudiziale in merito.



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