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Si restringe il credito, il riassetto bancario dimentica le piccole e medie imprese


Le banche hanno prodotto negli ultimi due anni utili record saliti a oltre 31 miliardi a fine del 2024, ma nel contempo hanno tagliato credito alle imprese per oltre 50 miliardi nel biennio d’oro dei profitti

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Mentre impazza da mesi sui giornali e tra gli osservatori il gioco dell’opa, che terrà banco per tutta l’estate, nel dibattito su “chi mangia chi” emerge un convitato di pietra di cui nessuno parla. Sono i clienti, o meglio, il rapporto tra il sistema bancario e l’economia reale che le banche dovrebbero supportare con la loro politica del credito.

Assalti e fusioni bancarie fanno certo comodo ai banchieri, allargando la loro sfera d’influenza, aumentando quote di mercato e ricavi. Entusiasmano il mercato e gli azionisti che vedono nel continuo rialzo dei prezzi delle azioni occasioni per il loro portafoglio d’investimento. Entusiasmano pure il governo con l’avallo implicito dell’eventuale presa del potere da parte di Caltagirone e della famiglia Del Vecchio del centro della finanza italica.

Ma al di là come finirà, ben pochi si sono chiesti se il consolidamento del sistema porterà o meno vantaggi al Paese in termini del sostegno che le banche devono fornire a famiglie e imprese. E qui i dubbi sono molti: in genere le operazioni di conquista non aumentano certo la disponibilità di credito del sistema. Vanno sistemate sovrapposizioni; filiali; e fatte sinergie di costo. Il credito diventa l’ultima delle preoccupazioni.

Il Bengodi dei profitti

E non c’è da stare allegri su questo fronte, dato che negli ultimi anni pre-partita di riassetto quello che è mancato all’economia del Paese è stato proprio il credito. Con il paradosso che per le banche gli ultimi anni sono stati il Bengodi della messe di profitti: mai così tanti da almeno un decennio. Il rialzo dei tassi Bce ha fatto il miracolo: dall’estate del 2022 i tassi d’interesse sono schizzati da zero a oltre il 4 per cento. E solo ora stanno scendendo.

Quel rialzo prodigioso ha fatto aumentare a dismisura il margine del prestare denaro. Complice anche il fatto che le banche hanno erogato credito con remunerazioni oltre il 4 per cento, mantenendo quasi a zero il costo della raccolta.

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Un Eldorado. Basti pensare che sui conti correnti degli italiani ci sono 1.500 miliardi di euro e tutti quelli che hanno un conto presso una banca sanno che la remunerazione del loro deposito è vicina – se non addirittura – a zero.

E così senza grande sforzo ecco che il sistema bancario ha prodotto utili record. Nel 2024 i profitti netti dell’universo bancario sono stati di ben 31 miliardi. E le prime 5 banche da sole hanno portato a casa 24,8 miliardi di euro di profitti. Il doppio rispetto ai “soli” 12,7 miliardi del 2022.

Un biennio d’oro irrepetibile con profitti alle stelle che hanno fatto salire i prezzi delle azioni in modo vertiginoso e consentono ora di andare all’assalto dei concorrenti offrendo azioni contro azioni, senza esborso di denaro. Il paradiso dei banchieri.

Il paese reale

Peccato che il Paese sia rimasto alla finestra a guardare, senza alcun beneficio. Al contrario. I rubinetti delle banche si sono chiusi, soprattutto per le imprese. I dati di Banca d’Italia sono espliciti: a febbraio di quest’anno lo stock di prestiti alle imprese era di 596 miliardi. Erano 617 nel 2023 e ben 647 miliardi nel 2022. In soli 26 mesi il credito alle imprese è sceso di 51 miliardi di euro, con una contrazione che sfiora l’8 per cento. Ha invece tenuto il monte prestiti alle famiglie, grazie anche alle garanzie ipotecarie che rendono meno rischioso erogare mutui che non prestiti alle imprese. E la stretta ha riguardato quasi tutti.

UniCredit, che è a caccia di BancoBpm, pur avversata dal Governo, ha visto i suoi impieghi in Italia cadere da 168 miliardi del 2022 a 144 miliardi del 2024. Lo stesso BancoBpm, che proclama la sua indipendenza per poter servire al meglio le pmi italiane, ha tagliato il suo stock di prestiti da 109 miliardi del 2022 a 99,7 miliardi del 2024. Intesa ha un portafoglio impieghi a fine 2024 per 422 miliardi. Erano 446 nel 2022. Bper, che ora va alla carica sulla Popolare di Sondrio, non ha tagliato il suo ammontare che è intorno a 90 miliardi ma è riuscita, grazie solo al rialzo dei tassi sui suoi impieghi, a portare il margine d’interesse da 1,8 miliardi del 2022 a oltre 3,3 miliardi nel 2024.

Anche Mps che vuole scalare Mediobanca e che è tornata a essere una banca sana solo negli ultimi 2 anni, non ha di fatto diminuito il suo portafoglio prestiti, ma ha prodotto sempre con il solito giochino del rialzo dei tassi d’interesse un margine da prestito denaro salito da 1,5 miliardi a 2,35 miliardi negli ultimi due anni.

Domanda sottotono?

La versione dei banchieri a motivare questo profondo taglio del denaro affluito all’economia è che manca la domanda. La stagnazione italiana non favorisce la domanda di denaro, dicono in coro. Sarà. Ma perché rischiare dando denaro, quando solo con l’aumento dei tassi a cui si presta si fanno utili a valanga senza per questo aumentare i volumi, anzi diminuendoli? Forse la ragione vera è questa. Meno rischio, meno esposizione al sistema Paese e alle sue imprese, tanto si guadagna più di prima. Una sorta di Paese perfetto per ogni banchiere. Ma almeno ci si risparmi la retorica delle banche che sostengono le imprese del Paese.

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