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AI nelle imprese: studi di McKinsey e Stanford University


L’adozione dell’intelligenza artificiale nelle aziende è sorprendentemente alta, ma molte di esse faticano a sfruttarla al meglio. Le imprese percepiscono che l’AI sia essenziale per il loro futuro. Tuttavia, l’intuizione da sola non sbloccherà il potenziale dell’AI e non è chiaro quale sia la chiave giusta per farlo.

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AI nelle imprese: le prospettive di McKinsey e Stanford Istitute

Secondo l’indagine “State of AI” di McKinsey, pubblicata a marzo, nel corso dell’ultimo anno il 78% delle aziende ha dichiarato di utilizzare l’intelligenza artificiale almeno in una funzione, rispetto al 55% nel 2023. Tuttavia, da questi sforzi le imprese hanno riscontrato risparmi sui costi inferiori al 10% e aumenti di fatturato inferiori al 5%.

Nonostante i ritorni finanziari siano limitati, il business continua a scommettere sull’AI. Secondo il rapporto AI Index 2025, pubblicato ad aprile dallo Stanford Institute for Human-Centered Artificial Intelligence, lo scorso anno gli investimenti privati nella generative AI hanno raggiunto i 33,9 miliardi di dollari a livello globale, con un aumento del 18,7% rispetto al 2023.

Fonte: AI Index 2025

Il paradosso della produttività

Questi numeri riflettono un “paradosso della produttività”, ovvero la discrepanza tra i massicci miglioramenti nelle capacità dell’AI e l’assenza di un corrispondente aumento della produttività a livello nazionale. Lo sostiene Erik Brynjolfsson, economista e professore presso la Stanford University, coinvolto nell’AI Index. “Sebbene alcuni progetti specifici siano stati enormemente produttivi, molte aziende sono deluse dai loro progetti di AI”, afferma.

Fonte: AI Index 2025

Risolvere il paradosso della produttività

Per superare questo paradosso, Brynjolfsson suggerisce un’analisi basata sui task, in cui un’azienda viene suddivisa in compiti granulari o “unità atomiche di lavoro”, che vengono valutati per verificare se possano beneficiare dell’AI. Man mano che l’AI viene applicata, i risultati devono essere misurati rispetto agli indicatori chiave di prestazione (KPI). Brynjolfsson ha persino co-fondato una startup, Workhelix, che applica questi principi.

Le aziende, sottolinea Scott Hallworth, Chief data and analytics officer e head of Digital Solutions di HP, “dovrebbero prendersi cura di individuare prima l’obiettivo da raggiungere, e poi trovare il modello che li aiuti a ottenerlo”.

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Orchestrare e scalare l’AI

Un altro rapporto di McKinsey, pubblicato a gennaio, aiuta a spiegare perché l’adozione dell’AI procede più velocemente dei guadagni di produttività. Secondo Lareina Yee, senior partner e direttrice del McKinsey Global Institute, solo l’1% delle aziende statunitensi che hanno investito nell’AI ha dichiarato di aver scalato l’investimento, mentre il 43% afferma di essere ancora nella fase pilota. “Non si possono aspettare miglioramenti significativi della produttività a livello pilota o a livello di singola unità aziendale. I miglioramenti si ottengono solo raggiungendo la scala”, afferma Yee.

La domanda critica è quindi come le aziende possano scalare al meglio i loro sforzi nell’AI.

Fonte: AI Index 2025

L’impatto dell’AI sulla produttività

L’impatto dell’intelligenza artificiale sulla produttività a lungo termine presenta un quadro complesso, caratterizzato da potenziali significativi ma anche da sfide strutturali. Gli studi analizzati evidenziano tre dimensioni chiave:

1. Aumenti di efficienza e upskilling

  • L’AI migliora la produttività automizzando attività ripetitive (es. gestione dati, servizi clienti), liberando tempo per compiti strategici. Gli agenti di servizio con strumenti AI riducono del 30% il tempo di gestione delle interazioni.
  • Effetti differenziati per competenze: i lavoratori meno qualificati beneficiano maggiormente. Studi su consulenti e tassisti mostrano aumenti di produttività fino al 40% per chi utilizza AI, con miglioramenti più marcati tra i meno esperti. Questo fenomeno riduce il divario di performance tra lavoratori.

2. Proiezioni macroeconomiche

  • Modelli prevedono un aumento del PIL statunitense del 3% entro il 2035 grazie all’AI, equivalente a un incremento annuo del 20% della produttività. A livello globale, si stima un +7% del PIL nei prossimi 10 anni, con un volume d’affari aggiuntivo di 7.000 miliardi di dollari.
  • Tuttavia, l’impatto aggregato dipende dalla diffusione trasversale delle tecnologie. Settori come sanità, logistica e finanza potrebbero vedere aumenti del 30% della produttività entro tre anni, mentre altri (es. costruzioni) avranno benefici marginali.

3. Rischi e limitazioni

  • Paradosso dell’automazione: in compiti complessi (es. analisi strategica), l’AI riduce del 19% le performance dei consulenti, dimostrando che l’eccessiva affidamento su strumenti non adatti può essere controproducente.
  • Sostituzione occupazionale: si stima che il 18% dei lavori globali (300 milioni di posizioni) potrebbe essere automatizzato, con maggiore impatto nei paesi sviluppati. Questo richiederà politiche di riqualificazione per evitare disallineamenti nel mercato del lavoro.

Sintesi prospettica

L’IA agisce come moltiplicatore di produttività condizionale: i benefici dipendono dall’integrazione con capitale umano, investimenti in formazione e adozione mirata. Mentre a livello microeconomico gli effetti sono già misurabili, la traduzione in crescita macroeconomica sostenibile richiederà tempo e un’equilibrata gestione dei rischi occupazionali.


L’importanza dell’infrastruttura dati

Orchestrare l’AI a livello aziendale richiede l’infrastruttura giusta, soprattutto per quanto riguarda i dati. Gabrielle Tao, Senior vice president per la data cloud di Salesforce, sottolinea l’importanza di armonizzare i dati, ad esempio creando un modo coerente per riferirsi ai concetti di business come “ordini” e “transazioni”, indipendentemente dalla fonte di dati sottostante.

Anche secondo Walter Sun, Global head of artificial intelligence di SAP, le implementazioni dell’AI dovrebbero concentrarsi su task frequenti e generalizzabili. Task rari e molto specifici, come una campagna di marketing per un singolo evento, possono trarre beneficio dall’AI, ma applicare l’AI a compiti ricorrenti porta a un ROI più costante, afferma.


Le aziende iniziano a superare la curva a J dell’AI

Storicamente, ci sono voluti anni per capire come utilizzare tecnologie rivoluzionarie e di uso generale, come il motore a vapore o l’elettricità, secondo Brynjolfsson. Non è raro che questi modelli seguano una “curva a J”, in cui c’è inizialmente un calo di produttività, mentre le aziende cercano di capire come utilizzarli, seguito da un’impennata della produttività.

Oggi, secondo Brynjolfsson, le aziende stanno iniziando a superare la curva a J dell’AI.

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La trasformazione potrebbe avvenire più rapidamente rispetto al passato, perché le aziende, sotto la pressione degli investitori, stanno lavorando per giustificare rapidamente le ingenti somme di capitale investite nell’AI.

Strategie per superare il paradosso della produttività

Gli studi di McKinsey e di Stanford suggeriscono tre linee d’azione principali:

1. Puntare su obiettivi precisi

  • Definire obiettivi chiari, realistici e circoscritti è fondamentale per indirizzare gli sforzi e misurare i progressi.
  • Gli obiettivi devono essere accompagnati da sistemi e processi che ne facilitino il raggiungimento, evitando una visione “a tunnel” che rischia di isolare l’obiettivo dal contesto operativo.

2. Orchestrare su larga scala

  • L’orchestrazione consiste nel coordinare e integrare attività, tecnologie e risorse su vasta scala, andando oltre la semplice automazione di singoli compiti.
  • Questo approccio permette di ridurre la complessità, aumentare l’agilità organizzativa e garantire una gestione efficiente dei flussi di lavoro e delle risorse.
  • L’orchestrazione è particolarmente efficace in ambienti complessi e interconnessi, dove la sinergia tra sistemi e persone è cruciale per massimizzare la produttività.

3. Investire nella giusta infrastruttura

La complementarità tra innovazione tecnologica, organizzativa e capitale umano genera effetti additivi sulla produttività, come confermato da numerose analisi empiriche

L’efficacia delle tecnologie digitali dipende dalla presenza di infrastrutture adeguate, sia fisiche (hardware, reti) sia immateriali (capitale umano, formazione, processi organizzativi).

L’investimento in formazione e sviluppo delle competenze è determinante per sfruttare appieno il potenziale delle innovazioni tecnologiche.

Il modello di 1-800Accountant: task, KPI e orchestrazione

Ryan Teeples, Chief Technology Officer di 1-800Accountant – società con sede a New York, che offre servizi di contabilità fiscale e paghe a 50.000 clienti attivi, focalizzandosi sulle piccole imprese – concorda sul fatto che “suddividere il lavoro in task abilitati dall’AI e allinearli ai KPI non solo porta a un ROI misurabile, ma crea anche una migliore esperienza per il cliente, facendo emergere informazioni critiche più velocemente di quanto potrebbe fare un umano”.

Teeples sottolinea inoltre che le aziende dovrebbero guardare oltre l’uso individuale dell’AI, dove i dipendenti utilizzano chatbot GenAI o strumenti di produttività dotati di AI per migliorare il loro lavoro. “La vera adozione aziendale coinvolge l’orchestrazione e la scalabilità in tutta l’organizzazione. Pochissime organizzazioni hanno davvero raggiunto questo livello, e anche quelle stanno solo grattando la superficie”, afferma.

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Un caso pratico: AI al servizio dei clienti

Presso 1-800Accountant, l’uso dell’AI parte dalla valutazione di quanto la tecnologia migliori l’esperienza del cliente. Se l’AI fornisce risposte ai clienti tanto buone, migliori o più rapide di quelle di un umano, è un buon caso d’uso, spiega Teeples.

In passato, l’azienda programmava appuntamenti di un’ora con consulenti per rispondere a semplici domande dei clienti, come lo stato della dichiarazione dei redditi. Oggi, invece, utilizza un agente AI connesso a fonti di dati curate per gestire il 65% delle richieste dei clienti, con il 30% che organizza una chiamata con un umano e il 5% che abbandona il processo di richiesta per vari motivi.

L’azienda utilizza Agentforce di Salesforce per gestire le richieste dei clienti e la piattaforma Einstein di Salesforce per l’orchestrazione del back-end. “Il ROI in questo caso è stato abbondantemente chiaro”, conclude Teeples, evidenziando il risparmio sui costi dei consulenti umani.



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