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Veneto, Pil da 206 miliardi: ogni giorno produciamo 566 milioni di euro | Oggi Treviso | News


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VENEZIA – Nel 2025 il Pil del Veneto è destinato a raggiungere i 206,6 miliardi di euro: significa che ogni giorno la regione genera 566 milioni di euro di ricchezza. Calcolando anche bambini e anziani, il valore medio pro capite quotidiano tocca quota 116,7 euro. A dirlo è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre, su dati Prometeia e Istat.

Nel confronto nazionale, il primato spetta alla provincia di Milano con 184,9 euro al giorno per abitante, seguita da Bolzano (154,1), Bologna (127,6), Roma (122) e Modena (121,3). Prima veneta in classifica è Vicenza, all’11° posto, con 108,9 euro.

Due giorni lavorativi in meno: “persi” 1,1 miliardi

Nel 2025 si lavoreranno 251 giorni, due in meno rispetto all’anno precedente. Una riduzione che, in termini teorici, costerà all’Italia circa 12 miliardi di euro, di cui 1,1 miliardi solo in Veneto: una perdita equivalente ai possibili danni derivanti dall’eventuale reintroduzione dei dazi da parte degli Stati Uniti.

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Nonostante questo, gli italiani restano tra i più stakanovisti d’Europa: secondo l’Ocse, con 1.734 ore medie lavorate all’anno per occupato, il nostro Paese è superato solo da Grecia, Polonia, Repubblica Ceca ed Estonia. Un dato che va però interpretato tenendo conto del basso tasso di occupazione italiano.

Una settimana lavorativa in più varrebbe 2,8 miliardi

I ponti tra Pasqua e il primo maggio hanno rallentato la produttività, soprattutto nei settori industriali e dei servizi. Secondo la Cgia, se l’Italia riuscisse a recuperare anche solo una settimana lavorativa all’anno tra festività e ponti, si otterrebbe un punto di Pil in più: 22 miliardi a livello nazionale, 2,8 miliardi in Veneto. Un tema che già nel 1977 il governo Andreotti cercò di affrontare abolendo alcune festività religiose. In tempi più recenti, anche gli esecutivi Berlusconi e Monti hanno tentato, senza successo, di razionalizzare il calendario lavorativo.

Nordest locomotiva del Paese

Tra le prime venti province per Pil pro capite giornaliero, ben tredici si trovano nel Nordest. Oltre a Milano, fanno parte della top 20 anche Bolzano, Bologna, Modena, Trento, Parma, Reggio Emilia, Vicenza, Padova, Verona, Treviso, Belluno, Piacenza e Trieste. Secondo la Cgia, dove è forte la presenza delle piccole e medie imprese, l’economia è più solida e resiliente.

Italia senza grandi imprese, ma le Pmi resistono

Oggi il Paese sconta la progressiva scomparsa delle grandi imprese e la difficoltà ad attrarre multinazionali. Un sistema ostacolato da infrastrutture carenti, burocrazia pesante, lentezza della giustizia civile e alti costi fiscali. Nonostante tutto, le Pmi italiane — e venete — continuano a ottenere buoni risultati, seppur con produttività e salari più bassi rispetto alle grandi aziende, e minori investimenti in ricerca e sviluppo.

Da leader industriale a sistema frammentato

Fino agli anni ’80 l’Italia primeggiava in settori come chimica, siderurgia, gomma, plastica, auto e farmaceutica, grazie anche al ruolo di grandi gruppi pubblici e privati. Oggi quel modello è tramontato, anche a causa della globalizzazione e delle conseguenze di Tangentopoli, che hanno ridisegnato profondamente il tessuto produttivo. Oggi la spina dorsale dell’economia è rappresentata da milioni di piccole imprese, soprattutto nel Nordest.


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