Alcune aziende automobilistiche stanno iniziando a cedere al ricatto di Donald Trump. È questo ciò che hanno rilevato gli analisti.
Le nuove politiche protezionistiche volute da Trump stanno iniziando a dare i loro frutti, almeno dal punto di vista della strategia americana: portare la produzione di auto (e posti di lavoro) dentro i confini degli Stati Uniti. Con l’introduzione di tariffe elevate sui veicoli prodotti all’estero e venduti negli USA, molte grandi aziende automobilistiche stanno rivedendo i propri piani industriali. Le prime mosse concrete arrivano da giganti come Hyundai e Honda, che stanno già valutando (o addirittura avviando) il trasferimento di una parte consistente della produzione nei loro stabilimenti americani.
Le difficoltà generate da questi dazi sono tangibili: per le aziende che avevano investito in Paesi come il Messico, il rischio di perdere competitività sul mercato americano è altissimo. Non sorprende, quindi, che molte stiano rapidamente ripensando alla loro produzione. È un cambio di rotta che mette in evidenza quanto le decisioni politiche di Washington stiano influenzando in profondità il settore auto globale. Ecco cosa sta accadendo, e come si stanno riorganizzando le aziende automobilistiche. Di seguito tutto quello che serve sapere a riguardo.
Dazi USA e le scelte delle case automobilistiche: Hyundai in prima linea
Il terremoto provocato dalle nuove tariffe non ha risparmiato nessuno dei grandi player internazionali. Tra i primi nomi a essere coinvolti ci sono Honda e Hyundai, ma il caso della casa coreana è particolarmente emblematico. Dopo aver subito un primo shock per l’annuncio delle misure protezionistiche, Hyundai ha creato una task force interna dedicata a studiare come rispondere rapidamente alle nuove regole imposte dagli USA.
In particolare, l’azienda ha deciso di riorganizzare la produzione dei modelli destinati al mercato nordamericano. Il crossover Tucson, ad esempio, finora prodotto nello stabilimento KIA di Monterrey, in Messico, sarà probabilmente realizzato in quantità maggiori presso lo stabilimento Hyundai in Alabama. Questo impianto, che già produce modelli come la Santa Fe, la Santa Cruz e la Genesis GV70, diventerà ancora più strategico per la casa coreana. L’obiettivo è chiaro: ridurre la dipendenza dalle importazioni messicane e aumentare il peso della produzione “made in USA” per evitare i dazi.
Non solo: Hyundai sta anche valutando il trasferimento di altri modelli oggi prodotti in Corea del Sud. Tra i possibili beneficiari di questo riposizionamento produttivo c’è il nuovo Metaplant HMGMA di Ellabell, in Georgia, specializzato nella produzione dei modelli elettrici della gamma Ioniq. In parallelo, l’azienda è in trattative con General Motors per una collaborazione sui furgoni e sui pick-up elettrici, un altro settore strategico che potrebbe risentire delle politiche tariffarie. Questa riorganizzazione massiccia rappresenta una chiara dimostrazione di come il ricatto di Trump stia spingendo le case automobilistiche ad adattarsi rapidamente per non perdere quote di mercato negli USA.
Dazi USA, come le aziende cercano di gestire l’aumento dei prezzi
Spostare la produzione è solo una parte della risposta al problema dei dazi. L’altra grande sfida che le case automobilistiche devono affrontare è come gestire l’aumento dei costi senza perdere competitività. Le tariffe, infatti, si traducono inevitabilmente in un aumento dei prezzi di vendita. Se questi rincari fossero trasferiti integralmente sui consumatori, il rischio sarebbe quello di un brusco calo delle vendite, compromettendo anni di investimenti nel mercato americano.
Hyundai si è già mossa su questo fronte, dimostrando una gestione molto accorta della situazione. Prima ancora che le tariffe entrassero ufficialmente in vigore, l’azienda ha incrementato in modo significativo i livelli di scorte negli USA. L’idea era semplice: creare una riserva di veicoli “vecchio prezzo” sufficiente a coprire alcuni mesi di vendite, ritardando così il momento in cui sarebbe stato necessario adeguare i listini ai nuovi costi.
Secondo fonti vicine all’azienda, le scorte accumulate dovrebbero essere sufficienti per circa tre mesi, a meno di un boom straordinario di vendite. Nel frattempo, Hyundai sta preparando una “gestione flessibile dei prezzi”, come indicato da Reuters. In pratica, l’azienda, come le altre, si riserva la possibilità di adeguare i prezzi gradualmente, magari differenziandoli per modello o per area geografica, cercando di ridurre al minimo l’impatto percepito dai consumatori.
In ogni caso, il panorama del settore auto negli Stati Uniti è destinato a cambiare profondamente, e le mosse di oggi potrebbero determinare i successi (o i fallimenti) dei prossimi anni.
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