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“Alla Ue manca una politica industriale comune, troppe scelte legate a provvedimenti autolesionisti”


La Lombardia è una delle regioni più produttive d’Europa, ma la situazione geopolitica preoccupa e non favorisce la crescita. La soluzione? Secondo il presidente di Assolombarda Alessandro Spada è da ricercarsi a livello continentale: «In uno scenario in cui Stati Uniti e Cina stanno intensificando i propri sforzi per proteggere e rafforzare i rispettivi sistemi produttivi, l’Europa deve concentrarsi su misure concrete finalizzate a sostenere la sua industria».

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Come stanno reagendo le imprese al tema dell’introduzione di dazi da parte degli Stati Uniti?
«L’incertezza delle ultime settimane, dovuta principalmente all’annuncio di dazi, non piace naturalmente alle nostre imprese: scoraggia, infatti, i loro investimenti, tanto importanti per il mantenimento della competitività, e di conseguenza può compromettere, in prospettiva, la crescita complessiva del Paese. Si tratta di scenari che rischiano di penalizzare il valore assai significativo del nostro export: ricordo che le esportazioni lombarde verso gli USA si attestano, oggi, a 13,7 miliardi di euro».

Secondo lei, l’UE sta adottando misure sufficienti per proteggere le imprese europee dai dazi imposti da paesi terzi?
«In questo momento, ciò che conta davvero è lavorare, a livello europeo, per trovare, al più presto, un accordo con gli Stati Uniti. Parallelamente, è necessario stringere partnership finalizzare all’apertura di nuovi mercati. Ribadisco, inoltre, l’urgenza che sollevo ormai da anni: mi riferisco, in particolare, alla promozione di interventi mirati a scongiurare il declino industriale in Europa, frutto per lo più di scelte legate a provvedimenti talvolta autolesionisti. In particolare, il mio appello va nella direzione di una nuova politica industriale – concreta e di lungo periodo – che preveda investimenti comuni, soprattutto relativi a settori che hanno a che fare con la tecnologia e con l’applicazione dell’intelligenza artificiale. Occorre, infine, lasciarsi alle spalle le estremizzazioni figlie di una certa ideologia green che mina, sempre di più, la competitività».

Come valuta la strategia del governo italiano nei rapporti con gli USA?
«Fu sicuramente positivo il dialogo avviato dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni con il Presidente americano Donald Trump finalizzato a facilitare i rapporti tra Usa e tutta l’Unione europea. In questa difficile congiuntura economica, occorre, infatti, impegnarsi costruttivamente per un accordo che scongiuri di mettere in ginocchio la nostra economia e anche quella americana con la quale abbiamo una consolidata alleanza, tanto che per l’Unione Europea è il primo mercato verso il quale esportiamo e per l’Italia è il secondo dopo la Germania. Le imprese europee, e quindi del nostro Paese e territorio, vanno messe nelle condizioni di continuare non solo a generare ricchezza e occupazione ma anche a favorire inclusione e coesione sociale e a presidiare i processi di innovazione e sostenibilità».

Negli ultimi anni si è parlato di “de-risking” più che di “decoupling”: le imprese lombarde stanno riducendo la loro dipendenza dalla Cina oppure rafforzano ancora la collaborazione?
«Questa domanda mi fornisce un ulteriore assist per tornare a rivendicare la necessità di una politica industriale europea. In uno scenario in cui Stati Uniti e Cina stanno intensificando i propri sforzi per proteggere e rafforzare i rispettivi sistemi produttivi, l’Europa, come ho detto prima, deve concentrarsi su misure concrete finalizzate a sostenere la sua industria. Il nostro continente, come ben sappiamo, è fortemente dipendente dalle importazioni. La Commissione Europea, negli anni passati, ha individuato 34 materie prime critiche con il più alto rischio di approvvigionamento, dal nichel al silicio fino alle terre rare, essenziali per l’economia europea. Per alcune di esse l’UE è fortemente dipendente dalla Cina. Per questa ragione, prima di ogni altra valutazione, dobbiamo impegnarci per ridurre il fabbisogno attraverso riciclo e circolarità, uno dei nostri punti di forza, ma anche diversificando le forniture e aumentando, quanto possibile, la capacità produttiva europea».

Expo di Osaka, che ruolo avrà Assolombarda?
«Dal 2015, quando fu Milano ad ospitare Expo, Assolombarda fu in prima linea nella promozione e nel supporto concreto alla manifestazione. Eventi di questo tipo, del resto, offrono opportunità che, nel tempo, sono capaci di dischiudere collaborazioni finalizzate all’individuazione, come ho detto prima, di nuovi mercati e a stimolare anche la crescita scientifica, culturale e tecnologica. Assolombarda, pertanto, prosegue, in questa occasione, con la linea sposata a partire dall’Esposizione Universale tenutasi nel capoluogo lombardo: aderire alle Expo successive per favorire ulteriormente l’internazionalizzazione delle imprese, partecipando anche alla rappresentazione del sistema Italia nel mondo. In tal senso, già nel gennaio 2024, Assolombarda e Padiglione Italia siglarono un accordo di intesa e di collaborazione che oggi consolida il nostro ruolo di partner».

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Qual è, secondo lei, il giusto equilibrio tra una fiscalità giusta e il sostegno alla competitività del sistema produttivo italiano?
«Sono dell’idea che il fisco debba diventare, sempre di più, una leva di competitività e di crescita per le imprese e, quindi, per il Paese. Eppure, sebbene Transizione 5.0 o Ires premiale fossero state concepite con dei buoni propositi, le condizioni a completamento di questi provvedimenti hanno reso il ricorso a tali strumenti di scarso interesse per le imprese. Ed è per questa ragione che, già nel corso dell’ultima Assemblea di Assolombarda, chiedemmo che buona parte delle risorse transitasse, invece, verso misure più attrattive e provvedimenti di certa attuazione, come “Industria 4.0”, che nel tempo hanno dimostrato, grazie alla loro linearità e semplicità, di rappresentare uno strumento cruciale per la crescita delle aziende».

La settimana scorsa la vostra associazione ha presentato un volume che celebra 80 anni di storia. Qual è il ruolo di Assolombarda nella storia economica italiana?
«Attraverso il libro ‘Insieme – Assolombarda. La nostra storia’ abbiamo raccontato il contributo – passato e presente – offerto al Paese dalle nostre imprese. Si tratta di aziende che hanno contribuito a sviluppare il patrimonio culturale e sociale del Paese e lo hanno fatto nonostante le diverse complessità che il mondo produttivo si è trovato ad affrontare negli ultimi 80 anni di storia, senza dimenticare le criticità degli ultimi anni, dalla pandemia all’impatto delle tensioni e dei conflitti su scala globale. Ieri come oggi, in tal senso, l’industria di Milano, Monza e Brianza, Lodi e Pavia, rappresentando il 13% del PIL nazionale, continua a essere motore positivo di cambiamento, promuovendo quella cultura “ambrosiana” e lombarda che ha reso questo il territorio baricentro strategico non solo dell’Italia ma anche dell’Europa».





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