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Il commercio su aree pubbliche – Approfondimenti


 

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Nell’ultimo decennio il commercio su aree pubbliche ha subito una forte flessione. Sicuramente la pandemia ha accelerato questa tendenza se si considera, secondo dati Anva Confesercenti, che solo nel periodo dal 2020 al 2022 le imprese del commercio su aree pubbliche sono passate da oltre 176 mila a poco più di 162 mila, per un calo totale di 14 mila attività (-7,9%).

In questo quadro di crisi ha sicuramente avuto il suo peso l’incertezza normativa legata all’applicazione della Direttiva Bolkestein del 2006 e alla conseguente discussione sulla durata delle concessioni per i posteggi nei mercati.

L’attività di commercio al dettaglio su area pubblica è disciplinata dagli articoli 27 e seguenti del Decreto Legislativo n. 114/1998 (c.d. Decreto Bersani). Il decreto statale stabilisce alcuni principi generali, mentre alle Regioni spetta il compito di emanare la normativa di dettaglio.

L’esercizio dell’attività di vendita su aree pubbliche necessita di una preventiva autorizzazione da parte del Comune. L’autorizzazione comunale può essere di due tipi, a seconda che l’attività di commercio ambulante sia svolta mediante posteggio fisso o in forma itinerante

L’autorizzazione per il commercio su aree pubbliche in sede fissa (tipo A) è rilasciata dal Comune competente per territorio ed abilita allo svolgimento dell’attività nei mercati o nelle fiere secondo la loro periodicità per una durata di dieci anni. Periodicamente ogni Comune deve individuare i posteggi non occupati, il cui elenco deve essere pubblicato sul BUR ed assegnarli mediante la pubblicazione di appositi bandi.  

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L’autorizzazione per il commercio su aree pubbliche in forma itinerante (tipo B) viene rilasciata dal Comune di residenza del richiedente e consente l’esercizio in forma itinerante in tutto il territorio nazionale, salvo che negli spazi ed aree vietati dai comuni, nonché nelle fiere e nei mercati, ma limitatamente ai posteggi non assegnati o provvisoriamente non occupati dai titolari.

 

Occorre a questo punto iniziare l’excursus normativo dall’attuazione nel nostro Paese della Direttiva europea Bolkestein del 2006 avvenuta con il Decreto Legislativo 26 marzo 2010, n. 59, facendo riferimento, in particolare, al comma 1 dell’Articolo 16, il quale dispone che “Nelle ipotesi in cui il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attività di servizi sia limitato per ragioni correlate alla scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche disponibili, le autorità competenti applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali ed assicurano la predeterminazione e la pubblicazione, nelle forme previste dai propri ordinamenti, dei criteri e delle modalità atti ad assicurarne l’imparzialità, cui le stesse devono attenersi”.

Ai sensi dell’Articolo 70, comma 5 del Decreto (Articolo successivamente abrogato in toto dalla Legge 30 dicembre 2018, n. 145, legge finanziaria per il 2019) l’individuazione dei criteri per la procedura di rilascio e di rinnovo delle concessioni era demandata alla Conferenza Unificata che ha raggiunto un’intesa in data 5 luglio 2012. La suddetta intesa prevedeva però un regime transitorio in base al quale le concessioni esistenti alla data di entrata in vigore del Decreto Legislativo 59/2010 venivano automaticamente prorogate da cinque a sette anni, a seconda della tipologia di attività esercitata. 

Il suddetto regime transitorio dava inizio ad una lunga sequela di proroghe delle concessioni e di deroghe alla direttiva Bolkestein:

  • con l’Articolo 6, comma 8 del Decreto legge 30 dicembre 2016, n. 244 (c.d. decreto “Milleproroghe”) il termine di validità delle concessioni veniva portato alla data del 31 dicembre 2018, ribadendo però l’obbligo di adottare per le nuove concessioni procedure di selezione atte a garantire il rispetto della concorrenza;
  • con l’Articolo 1, comma 1180 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020) è stato previsto che “Al fine di garantire che le procedure per l’assegnazione delle concessioni di commercio su aree pubbliche siano realizzate in un contesto temporale e regolatorio omogeneo, il termine delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore della presente disposizione e con scadenza anteriore al 31 dicembre 2020 è prorogato fino a tale data”;
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  • con il comma 1181 della medesima Legge 205/2017 (abrogato successivamente dalla Legge 30 dicembre 2023, n. 214), si demandava ad una nuova intesa della Conferenza Unificata la definizione dei criteri da adottare in relazione alle procedure di gara e venivano previste, in deroga all’Articolo 16 del Decreto Legislativo 59/2010 e all’Articolo 12, comma 1 della Direttiva Bolkestein, “specifiche modalità di assegnazione per coloro che, nell’ultimo biennio, hanno direttamente utilizzato le concessioni quale unica o  prevalente fonte di reddito per se’ e per il proprio nucleo familiare”.

L’intesa promossa dalla Legge 205/2017 non è stata mai raggiunta in Conferenza Unificata, le procedure di gara non sono quasi mai state espletate e, addirittura, con la Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021) veniva abrogato l’Articolo 70 del Decreto 59/2010 e introdotto un Articolo 4-bis all’Articolo 16 del medesimo Decreto 59, con il quale si dichiarava espressamente non applicabile la Direttiva Bolkestein al settore del commercio su aree pubbliche e quindi non più vigente il criterio della pubblica gara per l’affidamento delle nuove concessioni.


In attuazione di questo approccio derogatorio e nell’ambito della normativa emergenziale legata alla pandemia, si deve citare il successivo Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34 (convertito in legge, con modificazioni, dalla Legge 17 luglio 2020, n. 77), che all’Articolo 181, comma 4-bis ha disposto che “Le concessioni di posteggio per l’esercizio del commercio su aree pubbliche aventi scadenza entro il 31 dicembre 2020, se non già riassegnate ai sensi dell’intesa sancita in sede di Conferenza unificata il 5 luglio 2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 79 del 4 aprile 2013, nel rispetto del comma 4-bis dell’ articolo 16 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, sono rinnovate per la durata di dodici anni, secondo linee guida adottate dal Ministero dello sviluppo economico e con modalità stabilite dalle regioni entro il 30 settembre 2020, con assegnazione al soggetto titolare dell’azienda, sia che la conduca direttamente sia che l’abbia conferita in gestione temporanea, previa verifica della sussistenza dei requisiti di onorabilità e professionalità prescritti, compresa l’iscrizione ai registri camerali quale ditta attiva ove non sussistano gravi e comprovate cause di impedimento temporaneo all’esercizio dell’attività”.

Nel quadro di incertezza determinatosi è intervenuta la Giustizia Amministrativa che ha attirato l’attenzione sulla necessità di una applicazione generalizzata della Direttiva Bolkestein a tutte le ipotesi di concessioni quantitativamente contingentate nel campo delle attività economiche.  Inoltre, viene ribadita l’applicazione del principio di supremazia del diritto europeo su quello nazionale e la impossibilità per i singoli stati di escludere unilateralmente una singola attività economica, ed in particolare il commercio su aree pubbliche, dal campo di applicazione della Direttiva Bolkestein, salvo i casi espressamente previsti. La Giurisprudenza Amministrativa ha anche sancito la illegittimità dei rinnovi automatici delle concessioni, con particolare riferimento a quelli operati dall’Articolo 181, comma 4-bis del citato decreto legge 34/2020, il quale ha disposto, per le concessioni aventi scadenza entro il 31/12/2020, un rinnovo per legge, previa verifica della sussistenza dei requisiti soggettivi, per dodici anni a partire dalla suddetta data e quindi con scadenza al 31/12/2032 (Sentenza C.d.S., Sez. VII, n. 9104/2023 del 19/10/2023).

Chiude l’excursus normativo il riferimento alla riforma della disciplina operata dalla Legge 30 dicembre 2023, n. 214 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022), che contiene però alcuni aspetti contraddittori forieri di provocare ancora incertezza e confusione. Da un lato infatti, il comma 1 dell’Articolo 11 reintroduce, per il rilascio delle concessioni, le “…procedure selettive, nel rispetto dei principi di imparzialità, non discriminazione, parità di trattamento, trasparenza e pubblicità, secondo linee guida adottate dal Ministero delle imprese e del made in Italy, previa intesa in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, da sancire entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge”, mentre il comma 7 dell’Articolo 11 abroga conseguentemente il comma 4-bis dell’Articolo 16 del Decreto legislativo 59/2010, che sottraeva il settore del commercio su aree pubbliche dal principio dell’affidamento mediante gara pubblica. 

Ad ulteriore specificazione viene introdotto dal comma 3 della citata disposizione l’obbligo da parte dei comuni di procedere ad una verifica annuale delle concessioni di posteggio disponibili ed all’indizione annuale delle procedure selettive. Dall’altro lato però, con i commi 4, 5 e 6 del citato Articolo 11 della Legge 214/2023 vengono fatte salve le procedure di rinnovo automatico precedenti, con particolare riferimento a quelle stabilite dal comma 4-bis dell’Articolo 181 del Decreto Legge 34/2020, che, come si è detto, interessano le concessioni con scadenza anteriore al 31/12/2020 e che vengono prorogate sino al 31/12/2032, mentre per le concessioni aventi scadenza successiva al 2020 il comma 6 dell’Articolo 11 prevede che le stesse “..conservano la loro validità sino al 31 dicembre 2025”.


L’incertezza deriva dal fatto che i rinnovi automatici sono già stati dichiarati illegittimi dalla Giurisprudenza del Consiglio di Stato, in quanto in contrasto con la Direttiva Comunitaria e la Pubblica Amministrazione dovrebbe disapplicare le disposizioni che li prevedono.

Infine, un’ultima considerazione va fatta sulle linee guida per l’effettuazione delle gare previste dal comma 2 dell’Articolo 11 della Legge 214/2023, le quali debbono tener conto dei seguenti criteri

a) prevedere, nel rispetto dei principi dell’Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato e a tenere conto della professionalità e dell’esperienza precedentemente acquisite nel settore di riferimento;

b) prevedere la valorizzazione dei requisiti dimensionali della categoria della microimpresa, come definita ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Ministro delle attività produttive 18 aprile 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005;

c) prevedere un numero massimo di concessioni di cui, nell’ambito della medesima area mercatale, ciascun operatore può essere titolare, possessore o detentore, a qualsiasi titolo”.

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La suddetta disposizione assegnava alla Conferenza Unificata un termine di tre mesi dal 31/12/2023 per il raggiungimento dell’intesa sulle linee guida, termine di gran lunga trascorso senza alcun esito, che lascia i comuni nell’impossibilità di procedere con l’effettuazione delle gare e quindi di applicare il disposto normativo.

 



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