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Riversamento del credito ricerca e sviluppo delicato se pende il processo


L’art. 5 commi da 7 a 12 del DL 146/2021 ha previsto un riversamento del credito per ricerca e sviluppo indebitamente utilizzato in compensazione.
Se il riversamento avviene nei termini, sono stralciate le sanzioni da indebita compensazione e gli interessi da ritardata iscrizione a ruolo; viene anche meno la punibilità per il delitto di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater del DLgs. 74/2000.

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Ai sensi dell’art. 19 del DL 14 marzo 2025 n. 25 sono state prorogate le scadenze per il riversamento:
– il termine di presentazione per la domanda di riversamento è riaperto sino al 3 giugno 2025 (la precedente scadenza era del 31 ottobre 2024);
– il pagamento delle somme può avvenire in unica soluzione entro il 3 giugno 2025, oppure in tre rate annuali di pari importo, scadenti il 3 giugno 2025, il 16 dicembre 2025 e il 16 dicembre 2026.

Il legislatore ha poi stabilito che “Nelle ipotesi in cui la procedura di riversamento riguardi crediti oggetto di atti di recupero o provvedimenti impositivi per i quali penda un contenzioso alla data di presentazione dell’istanza di cui al comma 9, l’adesione alla procedura di riversamento è subordinata alla rinuncia al contenzioso, entro il termine del 3 giugno 2025. In tali casi le spese di giudizio sono compensate tra le parti. Per gli atti di recupero o provvedimenti impositivi per i quali alla data del 3 giugno 2025 sia ancora pendente il termine di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 546, la dichiarazione di adesione si intende come rinuncia alla presentazione del ricorso” (art. 5 comma 12 del DL 146/2021).

La confezione normativa è chiara: se pende un contenzioso, non solo la rinuncia è conditio sine qua non per avvalersi del riversamento, ma deve avvenire entro il 3 giugno 2025 (occorre una procura speciale in questo senso come prevede l’art. 44 del DLgs. 546/92).

Ciò causa due ordini di problemi, considerato che si tratta, sotto certi versi, di una “rinuncia al buio”.
In primo luogo il riversamento si perfeziona con l’intero pagamento di tutte le somme, dunque se si paga a rate l’ultima scade a dicembre 2026, ben dopo il termine entro cui si deve rinunciare. Ove mancassero i fondi, da un lato, il riversamento non si perfezionerebbe, dall’altro, il contribuente si sarebbe ormai “bruciato” la tutela giudiziale.
Il riversamento, in presenza di ricorso, va quindi fatto solo se si è certi di poter pagare le somme.

Ben più delicata è l’ipotesi di un disconoscimento della procedura, circoscritta alle indebite compensazioni riguardanti spese sostenute ma ritenute non agevolabili: sono infatti escluse le condotte fraudolente, oggettivamente o soggettivamente simulate o le false rappresentazioni della realtà basate sull’utilizzo di documenti falsi o di fatture che documentano operazioni inesistenti. Sono del pari fuori le situazioni in cui manca la documentazione strumentale a dimostrare il sostenimento delle spese.

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Trattandosi, per definizione, di violazioni ante settembre 2024 (si deve trattare di indebite compensazioni del ricerca e sviluppo ex art. 3 del DL 145/2013 effettuate sino al 22 ottobre 2021) opera la “vecchia” definizione di credito inesistente, che si ha, in modo assai generico, quando il credito difetta del presupposto costitutivo.
Per questa ragione, la prassi ha quasi sempre inquadrato la violazione quale compensazione di crediti inesistenti, sanzionata dal 100% al 200% del credito ex art. 13 comma 5 del DLgs. 471/97.

Possiamo dire che le violazioni rientranti nel riversamento si trovano in un limbo tra l’inesistenza e la non spettanza.
Se nell’avviso di recupero sono contestate frodi o condotte simulate il riversamento non può avvenire, ma se la contestazione è più fumosa o, come sovente avviene, è basata sia su potenziali frodi, sia sulla mancanza dei requisiti per ritenere le spese agevolabili, il tutto si complica.

Di sicuro, pena una violazione del diritto di difesa costituzionalmente rilevante, il contribuente deve poter impugnare il diniego di accesso al riversamento, che dovrà presumibilmente assumere la forma del diniego di agevolazione.
Nel ricorso, si potrà tuttavia solo contestare il difetto del carattere frodatorio/simulato della condotta, onde mantenere i benefici del riversamento. Se il giudice, per ipotesi, sentenziasse non solo che non c’è stata frode, ma che le spese erano agevolabili, comunque le somme riversate resterebbero incamerate dall’Erario.
L’oggetto del processo potrà riguardare solo i requisiti per il riversamento e non la spettanza del bonus ricerca e sviluppo, stante la previa rinuncia al ricorso.

Va comunque detto che in una situazione di questo genere non è nemmeno facile la scelta del legislatore.
Se da un lato l’art. 5 comma 12 del DL 146/2021 rischia di compromettere la difesa, la previsione di una sospensione del processo con termine successivo al 16 dicembre 2026 (termine di pagamento della terza rata) ed eventuale estinzione a riversamento perfezionato avrebbe potuto contrastare con il principio di economia processuale.



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