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Brindisi e Gigafactory: la società punta sui fondi del bando europeo


BRINDISI – Seri Industrial è a caccia di fondi per realizzare la gigafactory di batterie al litio-ferro-fosfato. Per questo la Fib (società con capitali al 100 per cento di Seri Industrial) intende candidare il progetto della fabbrica brindisina ad alto valore aggiunto, denominato «Fenice» e da realizzare in joint venture con Eni, alla Call del Fondo per l’Innovazione (Innovation Fund) lanciata il 4 dicembre scorso. Si tratta di uno dei più grandi programmi di finanziamento al mondo per la dimostrazione di tecnologie innovative a basse emissioni di carbonio. L’11 aprile Seri Industrial ha proposto all’amministrazione comunale di supportare la candidatura del progetto Fenice nell’ambito del bando europeo Innovation Fund-NZT Call 2023, in scadenza il 24 aprile.

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Come noto, l’investimento prevede la realizzazione, presso il sito industriale di Eni Versalis, di un impianto all’avanguardia per la produzione e il riciclo di batterie di litio-ferro-fosfato e «si inserisce in un piano di rilancio di Brindisi come polo d’eccellenza per le tecnologie energetiche pulite e l’innovazione industriale», si legge nella delibera del Comune con la quale accetta di supportare la candidatura. «La proposta progettuale valorizza il ruolo strategico di Brindisi all’incrocio tra i grandi corridoi energetici e logistici del Mediterraneo e conferma le potenzialità del territorio come punto di riferimento nel Mezzogiorno per l’innovazione e la transizione industriale sostenibile». La fabbrica «genererà ricadute significative in termini di creazione di occupazione qualificata, opportunità per le imprese e i fornitori di servizi locali nonché lo sviluppo di competenze specialistiche tra i giovani professionisti e tecnici del territorio rafforzando la coesione sociale e riducendo la disoccupazione giovanile», conclude l’ente comunale.

Intanto non si spegne l’eco per la visita del ministro Urso a Brindisi. Il presidente della Cna, Franco Gentile, rispetto «all’atteggiamento ottimistico del ministro riferito anche alla chiusura del cracking del petrolchimico, che scaturirebbe dal fatto che dal territorio, e in particolare dalle imprese, non sarebbe giunto alcun grido di allarme», sottolinea che «il ministro forse dimentica che proprio le associazioni datoriali rappresentanti l’intero indotto non sono mai state invitate a un tavolo di Governo e che non basta affermare genericamente che saranno tutelati lavoratori diretti e dell’indotto se poi le imprese per cui lavorano non vengono ascoltate». Al momento, pertanto, «di certo abbiamo che il cracking ha cessato la sua attività lo scorso 31 marzo, mentre per avere qualche dato sugli investimenti alternativi di Eni bisognerà aspettare marzo del 2026, quando sarà presentato l’investimento. E da quel momento dovrà partire l’iter autorizzativo. È evidente che, in un clima di tale incertezza e senza poter dire come la pensano le aziende nei tavoli istituzionali, diventa difficile guardare – conclude Gentile – al futuro con un minimo di ottimismo».

La Uil, invece, chiede «un Accordo di programma per la chimica» e «una chiara tempistica sugli investimenti previsti».



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