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Sempre più aziende falliscono in Italia, soprattutto al Nord


Ci sono numeri nell’economia italiana che non possono passare inosservati, ovvero quelli dei fallimenti delle aziende. Dopo anni di calo, terminati nel giugno del 2020, l’Osservatorio procedure e liquidazioni di Cerved evidenzia infatti come alla fine del 2024 si sia registrato un picco del +17,2%.

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Dato in netta crescita rispetto all’anno precedente. Ad accusare il colpo sono state soprattutto le realtà imprenditoriali del Nord d’Italia, con le società di capitali e di servizi che hanno palesato lo scenario peggiore.

Boom di fallimenti in Italia

Dai dati emerge che, alla fine del 2024, in Italia è stato registrato un picco del 17,2% delle procedure fallimentari avviate dalle aziende. Si tratta, come detto, di una crescita annuale molto significativa, visto che il 2023 si era concluso con una percentuale decisamente più bassa: 9,8%. Portando queste percentuali in numeri assoluti, si scopre che si è passati da 7.848 a 9.194 casi di fallimento.

Il Nord accusa fortemente il colpo

Dai dati generali in precedenza esposti è possibile ricavarne altri, divisi per settore e collocazione geografica delle aziende in fallimento. Il Cerved evidenzia infatti che la maggiore concentrazione dei casi interessi le aree del Paese solitamente più produttive: Nord – Ovest.

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In vetta, tra le Regioni, c’è nello specifico la locomotiva dell’economia italiana, la Lombardia, con il 30% dei casi totali.

In merito ai settori, i fallimenti registrati alla fine del 2024 hanno interessato soprattutto: società di capitali, con l’82% dei casi totali, seguite a distanza dal comparto dei servizi, 35%. Male sono andati anche:

  • le costruzioni (+25,7%);
  • l’industria (+21,2%).

Parlando di industria, il danno peggiore si è avuto nel settore dei metalli, +48,4%, e in quello della moda, +41,1%. Si muovono invece in direzione fortemente opposta i settori del largo consumo, della chimica e quello farmaceutico, con le procedure fallimentari riscontrate che sono in numero fortemente inferiore rispetto ai casi sopra esposti.

Chi rischia di più il fallimento

Viene tracciato un vero e proprio profilo di azienda che, con lo scenario attuale, rischia maggiormente di trovarsi costretta a dichiarare fallimento. Entrando nello specifico, le più esposte risultano essere le realtà imprenditoriali giovani (create da meno di 5 anni). Nel 2024 rappresentano il 12% del totale delle aziende fallite, mentre nel 2022 erano ferme al 2%.

Perché le aziende italiane falliscono

Alla base delle dichiarazioni di fallimento registrate ci sono una serie di fattori che rappresentano il contesto all’interno del quale le realtà sono chiamate oggi a operare. Ecco dunque che le aziende chiudono:

  • per via del forte incremento dei costi, specie di quelli relativi all’energia e agli oneri sui debiti;
  • a causa del deteriorarsi della congiuntura economica dello scorso anno.

In crescita tutte le modalità di uscita dal mercato

Oltre alle procedure concorsuali fallimentari, il Cerved ha riscontrato anche l’aumento di tutte le modalità con cui un’azienda può uscire dal mercato. In vetta troviamo le liquidazioni volontarie, cresciute del 12,7%, seguite da diversi strumenti di composizione delle crisi d’impresa che sono stati introdotti nel 2022 dal Codice della crisi d’impresa e d’insolvenza. A farla da padroni in tal senso sono i procedimenti unitari e le misure cautelari che, specie nel caso delle società di capitali, sono cresciuti del 170% dal 2022 al 2023.





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